Se ne Il diario del seduttore Søren Kierkegaard affermava che “Sedurre l’anima di una ragazza è un’arte, sapersene liberare un capolavoro” oserei dire che fra le numerose testimonianze da chiamare in causa la mitologia classica, in cui spesso gli dei seducono e poi abbandonano le loro amanti, offre forse l’esempio più evidente.
Nel volumetto Sedurre da dio. Mito e seduzione nel mondo classico, pubblicato per i tipi di Inschibboleth all’interno della collana La lira di Orfeo, diretta da Graziana Brescia, Olga Cirillo, docente di lettere in un liceo di Napoli e già cultrice di letteratura latina presso l’Università Federico II, passando in rassegna numerose leggende della mitologia classica, racconta le varie strategie seduttive attuate dagli dei e dagli uomini nei confronti delle loro amanti mortali e immortali. La citazione tratta da Il diario del seduttore, in calce all’introduzione del libro di Cirillo, che recita “Tu hai ardito ingannare una creatura fino al punto di divenire tutto per essa” tocca uno dei tratti distintivi della seduzione: la malia ingannatrice in grado di lusingare e irretire l’amato/a.
Il primo episodio di seduzione divina su cui Cirillo si sofferma – e su cui torna anche alla fine del suo volume in una sorta di Ring Composition – è quello in cui il seduttore per antonomasia, il dio Zeus, viene intrappolato nella trama dell’eros divenendo il soggetto sedotto (Il. 14. 214-17): con l’intento di distrarre il dio dagli eventi della guerra di Troia, Era entra in possesso della cintura di Afrodite, quella in cui si nascondono gli elementi dell’amore: il desiderio, l’intimità della conversazione e la parola persuasiva, lusinghiera, quindi ingannevole. Se la dea ricorre a questa modalità seduttiva per raggiungere uno scopo diverso da quello meramente sessuale, Zeus invece vi fa uso tutte le volte che tradisce Era e si unisce con fanciulle mortali per soddisfare i suoi desideri erotici: a differenza della moglie, la seduzione attuata da Zeus non necessita degli elementi dell’amore di cui è dotata la cintura di Afrodite, non si traduce in parole lusinghiere e altri incanti, ma nell’assunzione di una diversa e temporanea identità. Zeus si cela ora in pioggia d’oro, ora in cigno, ora in toro, ora assume perfino l’aspetto di un uomo mortale per far credere ad Alcmena di essere suo marito Anfitrione.
Al contrario degli dei, senza attuare tattiche di corteggiamento o mutare le proprie fattezze, gli uomini spesso riescono a sedurre senza poter essere veramente definiti seduttori: assecondando il desiderio delle eroine mortali innamorate di loro con un comportamento più superficiale che ingannevole, Giasone, Teseo ed Enea si lasciano amare da Ipsipile, Medea, Arianna e Didone, fra le più note nel catalogo delle ‘sedotte e abbandonate’ o, forse si dovrebbe dir meglio secondo l’idea di Cirillo, delle abbandonate soltanto.
Un caso d’eccezione è quello di Odisseo: la sua capacità innata di attrarre con la parola, la πάρφασις, di cui si serve per ottenere l’aiuto di Nausicaa, richiama alla mente il potere di incantamento proprio della voce di creature prodigiose, come le Sirene, o di un poeta vate quale Orfeo. Nascendo dalla parola persuasiva e stimolando l’udito, la forza della seduzione incanta fino a raggiungere effetti dirompenti, come la morte nel caso dei marinai ammaliati dalle Sirene, la mansuetudine delle belve feroci nel mito di Orfeo o, ancora, richiamandomi al secondo canto del Purgatorio dantesco, un’amena sospensione dalla realtà circostante sulle note di Amor che ne la mente mi ragiona intonata da Casella, il cui canto e la cui musica mescolano il potere seduttivo a quello taumaturgico.
Sedotta e seduttrice allo stesso tempo, per il suo aspetto ancor prima che per la parola lusinghiera, è Elena, la più bella donna del mondo, il doppio umano di Afrodite come la intende Cirillo: pur avendo il potere di irretire chi vuole, come quando, scoprendo il seno, induce subito Menelao a perdonarla (Eur. Andr. 627-31), è comunque costretta a soggiacere alla forza seduttrice della dea che la obbliga ad unirsi con Paride anche quando, a seguito dell’infamante duello con Menelao (Il. 3. 399-409), Elena non vorrebbe più. Qualcosa di similare vale anche per Narciso: l’illusione del suo riflesso lo renderà sedotto e seduttore contemporaneamente e in tal caso sarà lo sguardo a svolgere un ruolo dirimente: come notava anche Cavalcanti in Voi che per li occhi mi passaste ‘l core e come l’etimologia della parola ricorda, la seduzione passa per lo sguardo e separa, porta via da sé stessi, dal proprio orizzonte di vita.
Dunque, le varie declinazioni della seduzione nel mito classico immortalate da Cirillo in questo piccolo volume incuriosiscono e coinvolgono sia il lettore più esperto sia, soprattutto, il grande pubblico: da docente liceale, ad esempio, consiglierei assolutamente ai miei alunni appassionati di mitologia greca e latina di leggere questo libro, ricco di riferimenti a leggende e autori che si studiano a scuola ma anche ad episodi mitici più ricercati e rari. Il testo di Cirillo, pur utilizzando uno stile e un registro divulgativo, non rinuncia affatto al rigore scientifico: chiunque voglia approfondire alcuni aspetti è invitato a visionare tutti i riferimenti bibliografici presentati nelle note alla fine di ogni capitolo e non a piè di pagina, così da non aggravare il testo di altre informazioni. Sedurre da dio, come dichiara la stessa autrice nelle conclusioni del volume, lascia al lettore l’impressione che le pratiche seduttive del mondo mitico classico non fossero poi così diverse da quelle degli uomini del tempo e della realtà di oggi, avvicinando al nostro immaginario culturale un mondo antico ma non veramente così lontano da noi.